La tutela dei minori vittime di traumi e abusi rappresenta una priorità clinica e sociale a livello internazionale.
Negli ultimi decenni la letteratura scientifica ha evidenziato l’importanza del costrutto di resilienza come fattore determinante nel modulare gli esiti dello sviluppo infantile in contesti avversi. La resilienza non è un tratto statico, bensì un processo dinamico che si costruisce attraverso l’interazione tra caratteristiche individuali, relazioni familiari e risorse sociali.
Questo articolo esamina le principali definizioni teoriche, i fattori di protezione e i modelli di intervento psicologico volti a promuovere la resilienza nei minori esposti a traumi e maltrattamenti. Vengono analizzati approcci clinici evidence-based (TF-CBT, EMDR), la psicoterapia strategica, e programmi preventivi comunitari. Si sottolinea infine il ruolo delle istituzioni educative, sociali e giuridiche nella creazione di un sistema integrato di tutela.
Promuovere resilienza nei bambini vittime di abuso non significa negare la sofferenza, ma fornire strumenti per trasformare l’esperienza traumatica in un’opportunità di crescita e rafforzamento psicologico.
Introduzione
La tutela dei minori costituisce uno degli ambiti più delicati e complessi della psicologia clinica e sociale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2020), circa 1 miliardo di bambini e adolescenti nel mondo ha subito esperienze di violenza fisica, psicologica o sessuale. L’esposizione a traumi in età evolutiva è correlata a un incremento del rischio di disturbi psicologici, difficoltà scolastiche, condotte antisociali e patologie fisiche in età adulta (Felitti et al., 1998; Hughes et al., 2017). Tuttavia, non tutti i minori esposti a condizioni avverse sviluppano psicopatologie. Alcuni mostrano una sorprendente capacità di adattamento e crescita, anche a fronte di eventi traumatici gravi. Questo fenomeno prende il nome di resilienza, intesa come il processo attraverso il quale l’individuo riesce a fronteggiare e superare le avversità, costruendo percorsi evolutivi positivi nonostante le difficoltà (Masten, 2001).
Resilienza: definizione e cornici teoriche
Il concetto di resilienza ha conosciuto una significativa evoluzione nel corso della ricerca psicologica. Inizialmente concepito come una caratteristica stabile dell’individuo (“bambini invulnerabili”), è oggi inteso come processo dinamico che nasce dall’interazione tra fattori biologici, psicologici, relazionali e sociali (Luthar, Cicchetti, & Becker, 2000).
Masten (2001) descrive la resilienza come una “magia ordinaria”, sottolineando che essa non rappresenta una qualità rara, ma piuttosto il risultato di processi evolutivi normali attivati in contesti di sostegno. Allo stesso modo, Cicchetti (2016) ha mostrato come le esperienze relazionali positive possano modulare i circuiti neurobiologici dello stress e persino influenzare l’epigenetica, offrendo una base scientifica al concetto di resilienza come esito di fattori di protezione interattivi.
Fattori di protezione
Quando si parla di resilienza nei minori che hanno vissuto esperienze di trauma o abuso, è fondamentale considerare i cosiddetti fattori di protezione, ovvero quegli elementi che, presenti nella vita del bambino, ne sostengono la capacità di adattamento e riducono l’impatto delle avversità. Tali fattori non operano in modo isolato, ma si intrecciano tra loro, dando vita a un processo complesso che coinvolge dimensioni individuali, familiari e sociali.
A livello individuale, diversi studi hanno evidenziato come la capacità di regolare le proprie emozioni e di utilizzare strategie di coping flessibili rappresenti una risorsa fondamentale nel fronteggiare le conseguenze del trauma (Masten, 2001). Bambini che imparano a riconoscere e a gestire le proprie emozioni, ad esempio attraverso attività ludiche, sportive o relazionali, sviluppano una maggiore padronanza di sé. Anche il senso di autoefficacia e di autostima gioca un ruolo chiave: piccoli successi quotidiani, come il raggiungimento di obiettivi scolastici o sociali, alimentano la percezione di competenza personale e contribuiscono a costruire una narrativa positiva di sé, che contrasta la vulnerabilità psicologica.
Sul piano familiare, le ricerche indicano che la presenza di almeno un caregiver stabile, affettuoso e affidabile costituisce il principale fattore di protezione nei confronti degli effetti negativi degli abusi e dei maltrattamenti (Luthar et al., 2000). Non è necessario che il bambino sia circondato da una rete familiare ampia: spesso è sufficiente avere anche solo una figura di riferimento significativa che sappia trasmettere sicurezza, vicinanza emotiva e continuità. In questo senso, anche i rapporti con fratelli e sorelle possono rappresentare una risorsa preziosa: legami fraterni solidi offrono sostegno reciproco, condivisione delle difficoltà e un senso di appartenenza che rafforza la resilienza.
Infine, i fattori sociali e comunitari assumono un’importanza cruciale. Il contesto scolastico, ad esempio, può fungere da vero e proprio spazio di protezione: insegnanti attenti e sensibili, un clima di classe collaborativo e relazioni positive con i pari riducono l’impatto del trauma e favoriscono l’integrazione sociale (Layne et al., 2008). Anche la comunità più ampia svolge un ruolo significativo: la disponibilità di servizi territoriali, centri educativi e spazi di aggregazione rappresenta una risorsa fondamentale per i minori, in quanto offre opportunità di crescita, supporto e riconoscimento. Laddove questi elementi sono presenti e coordinati, il bambino può sviluppare un senso di sicurezza esteso che va oltre la famiglia e si radica nel tessuto sociale, rafforzando ulteriormente il suo percorso di resilienza.
Interventi clinici
Affrontare le conseguenze di un trauma infantile significa non solo alleviare i sintomi, ma anche aiutare il bambino a rielaborare l’esperienza e a rafforzare le proprie risorse. Negli ultimi anni diversi approcci terapeutici hanno mostrato efficacia in questo ambito.
La Terapia Cognitivo-Comportamentale focalizzata sul trauma (TF-CBT) è tra gli interventi più utilizzati a livello internazionale. Integra tecniche cognitive e comportamentali con un lavoro emotivo e relazionale, coinvolgendo spesso i caregiver. Ha dimostrato di ridurre i sintomi post-traumatici e di favorire una migliore regolazione emotiva (Cohen, Mannarino, & Deblinger, 2017).
Un altro strumento validato è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), che facilita la rielaborazione dei ricordi traumatici attraverso stimolazioni bilaterali, spesso con movimenti oculari (Shapiro, 2018). Nei bambini, l’uso di attività ludiche e metafore consente di accedere al vissuto traumatico in modo più sicuro e adattivo.
La psicoterapia breve strategica (Nardone & Portelli, 2005) offre invece un approccio focalizzato sul cambiamento delle percezioni rigide che mantengono la sofferenza. Attraverso prescrizioni mirate e strategie comunicative, il bambino può trasformare la propria rappresentazione del trauma, sviluppando un senso di padronanza. Il lavoro con i genitori è fondamentale per interrompere dinamiche disfunzionali, come iperprotezione o minimizzazione dell’evento.
Infine, gli interventi sistemici e comunitari agiscono a livello collettivo. Programmi scolastici come il Resilience and Coping Intervention (Layne et al., 2008) e iniziative come la Children and War Foundation hanno dimostrato l’efficacia di un approccio di gruppo, che riduce i sintomi traumatici e rafforza il senso di appartenenza e di sostegno reciproco.
Implicazioni per la tutela dei minori
La resilienza deve diventare un obiettivo prioritario delle politiche di tutela dei minori. Secondo Hughes et al. (2017), interventi integrati che coinvolgono scuola, famiglia e servizi sociali possono ridurre l’impatto degli eventi avversi e prevenire l’insorgenza di psicopatologie.
La scuola, in particolare, può agire come contesto di rilevazione precoce di segnali di disagio e come luogo di promozione di programmi socio-emotivi (Masten, 2014). Parallelamente, il sistema giuridico dovrebbe orientarsi verso decisioni che privilegino la stabilità relazionale e affettiva del minore, riducendo la sua esposizione a conflitti giudiziari (Cicchetti, 2016).
Conclusione
Il concetto di resilienza rappresenta una lente privilegiata attraverso cui osservare i percorsi evolutivi dei minori vittime di traumi e abusi. Essa non cancella il dolore, ma lo integra in una narrazione di crescita e rafforzamento.
Le ricerche dimostrano che promuovere resilienza è possibile attraverso interventi clinici mirati (TF-CBT, EMDR, psicoterapia strategica), sostegno familiare e programmi comunitari (Masten, 2001; Layne et al., 2008).
La sfida per psicologi, educatori e istituzioni è passare da una prospettiva di mera protezione a una di attiva promozione del benessere, in cui resilienza e tutela procedano insieme, offrendo ai bambini non solo un riparo, ma anche strumenti per costruire il proprio futuro.
Autrice : Beatrice Leonello – Psicologa
Bibliografia:
- Cicchetti, D. (2016). Socioemotional, personality, and biological development: Illustrations from a multilevel developmental psychopathology perspective on child maltreatment. Annual Review of Psychology, 67(1), 187–211.
- Felitti, V. J., Anda, R. F., Nordenberg, D., Williamson, D. F., Spitz, A. M., Edwards, V., … & Marks, J. S. (1998). Relationship of childhood abuse and household dysfunction to many of the leading causes of death in adults: The Adverse Childhood Experiences (ACE) Study. American Journal of Preventive Medicine, 14(4), 245–258.
- Hughes, K., Bellis, M. A., Hardcastle, K. A., Sethi, D., Butchart, A., Mikton, C., … & Dunne, M. P. (2017). The effect of multiple adverse childhood experiences on health: a systematic review and meta-analysis. The Lancet Public Health, 2(8), e356–e366.
- Layne, C. M., Saltzman, W. R., Poppleton, L., Burlingame, G. M., Pasalic, A., Durakovic, E., … & Pynoos, R. S. (2008). Effectiveness of a school-based group psychotherapy program for war-exposed adolescents: A randomized controlled trial. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 47(9), 1048–1062.
- Luthar, S. S., Cicchetti, D., & Becker, B. (2000). The construct of resilience: A critical evaluation and guidelines for future work. Child Development, 71(3), 543–562.
- Masten, A. S. (2001). Ordinary magic: Resilience processes in development. American Psychologist, 56(3), 227–238.
- Nardone, G., & Portelli, C. (2005). Conoscere attraverso il cambiamento. L’evoluzione della psicoterapia breve strategica. Ponte alle Grazie.
- Van der Kolk, B. (2014). The body keeps the score: Brain, mind, and body in the healing of trauma. Viking.
- World Health Organization (2020). Global status report on preventing violence against children 2020. Geneva: WHO.
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