Mind full o Mindful?

MINDFULNESS: COS’E’?

La parola “Mindfulness” è la traduzione inglese del termine “Sati”, che in lingua pali è resa come “consapevolezza”, “presenza mentale”.

La Mindfulness è, dunque, la capacità di vivere il momento presente con consapevolezza, in modo intenzionale, sganciandosi dal “pilota automatico” che spesso conduce le nostre giornate.

Imparare a “stare” nel momento presente, nonostante tutto. Dare valore e dignità al “nonostante tutto”, creare uno spazio per lasciarlo esistere, per accoglierlo, ascoltarlo e conviverci.

La consapevolezza intenzionale può sembrare uno stato della mente facilmente raggiungibile, ma la nostra “mente scimmia” salta costantemente da un ramo all’altro, in un continuo flusso affollato di pensieri, ricordi, sensazioni…

Basta provare per rendersene subito conto.

Mi fermo, ascolto il mio respiro: ecco che sopraggiunge il primo pensiero, poi un fastidio.

Ritorno al respiro, ecco un ricordo. Adesso vorrei cambiare posizione.

Respiro, di nuovo. Arriva un prurito. Mi sto annoiando…

MINDFLULNESS: IL PROTOCOLLO MSBR

Jon Kabat-Zinn, biologo e fondatore del primo e più conosciuto percorso basato sulla Mindfulness

il MBSR (Mindfulness Base Stress Reduction) – la definisce come “la consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento dopo momento” (Kabat-Zinn, 1990).

Il  protocollo MBSR   fu il primo protocollo strutturato nel 1979 all’interno dell Medical Center dell’Università di Worcester (Boston, Massachusetts) e fu pensato per individui affetti da dolore cronico. Inizialmente il protocollo prevedeva 10 incontri, attualmente ridotti ad otto, della durata di due ore e trenta circa.

Gli incontri, a cadenza settimanale, sono svolti in setting gruppale ma i partecipanti sono invitati ad una pratica quotidiana individuale della disciplina.

Il protocollo è basato su pratiche cosiddette “formali” come Body scan, meditazione seduta/camminata, meditazione dei suoni e dei pensieri etc.. e pratiche “informali”, ovvero azioni quotidiane come fare il caffè, guidare la macchina, lavarsi i denti…

L’assetto mentale “Mindful” si colloca dunque al polo opposto rispetto al concetto di “Mind full”, una mente continuamente attiva, affollata da pensieri, caratterizzata da processi quali il rimuginio e il “worry”.

Porsi in uno stato “Mindful” significa impegnarsi a perseguire il non giudizio; il non attaccamento, ad idee, cose, persone ed eventi; la pazienza, come capacità di affrontare difficoltà con consapevolezza e autocontrollo, gentilezza e compassione; la fiducia in se stessi e l’accettazione.

Nel 1982, Kabat-Zinn pubblicò uno studio secondo cui, dopo 10 settimane di attuazione del suo programma MBSR, il 50% dei pazienti che vi si erano sottoposti, presentava una riduzione del dolore cronico pari al 50% e il 65% una riduzione del dolore pari al 35%.

 

Mindfullness nella pratica terapeutica

Da allora la Mindfulness ( Leggi anche Mindfulness: la relazione tra attenzione, concentrazione e apprendimento nel bambino) si è sviluppata e diffusa e oggi viene inclusa in molti approcci terapeutici contemporanei e utilizzata in svariati contesti con molteplici obiettivi:

-Protocolli di gestione di ansia e stress;

-Trattamento dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (Mindful eating);

-Interventi in età evolutiva per favorire consapevolezza emotiva, autocontrollo e benessere emotivo nei bambini;

-Percorsi di mindfulness in gravidanza;

-Trattamento delle dipendenze per lo sviluppo di autocontrollo, gestione del craving e prevenzione delle recidive.

E’ auspicabile che tale pratica venga diffusa anche nelle scuole e sin dalla più tenera età per aumentare il flusso di consapevolezza e prevenire così molti dei disturbi sopra elencati.

 

Autrice: Concetta Maccarrone – Psicologa e Musicoterapeuta, Tecnico ABA

 

Bibliografia

Goleman D., (2016) La forza della Meditazione, Rizzoli Libri S.p.A/ BUR Rizzoli

Kabat- Zinn, J. (1982) An outpatient program in behavioral medicine for chronic pain patients based on the practice of mindfulness meditation: Theoretical considerations and preliminary results. General Hospital Psychiatry, 4(1),33-47

Witkiewitz, K., & Bowen, S. (2012). Retraining the addicted brain: a review of Hypothesized neurobiological mechanism of mindfulness based relapse prevention. Psychology of Addicted Behaviours, 27 (2), 351-365

Witkiewitz, K., & Bowen, S. (2010). Depression, craving and substance use following a randomized trial of mindfulness-based relapse prevention. Journal of Consulting an Clinical Psychology, 78, 362-374.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.