I bambini e l’educazione alla spiritualità: una ricerca

Il nuovo libro della psicologa statunitense Lisa Miller, “The Spiritual Child: The New Science on Parenting for Health and Lifelong Thriving” (2015), la cui traduzione italiana è “Il bambino spirituale: la nuova scienza sulla genitorialità per la salute e per una vita prospera”,  è un compendio esaustivo e convincente, basato su una recente ricerca psicologica e neurologica, che ha evidenziato come bambini cresciuti con una vita spirituale solida e ben sviluppata siano più felici, ottimisti, flessibili, e con strategie di coping più adattive per affrontare le sfide della vita quotidiana. In particolare, gli adolescenti che sono in contatto con i loro lati spirituali hanno meno probabilità di abusare di alcol e droghe e di impegnarsi in rapporti sessuali a rischio per riuscire a far fronte a dinamiche come quelle depressive.

 

La Miller sostiene, inoltre, che la privazione di una crescita spirituale può portare a delle conseguente negative nei bambini, come lo sviluppo di un senso del Sé fragile e una bassa resilienza. Dal punto di vista neuropsicologico, lo sviluppo di una spiritualità negli adolescenti crea percorsi più flessibili tra la parte anteriore del cervello, che ha il comando centrale, e le parti più intuitive, percettive, deputate all’integrazione delle varie parti del Sé. I bambini cresciuti con un senso di spiritualità saranno adulti capaci di contare sulle benedizioni, di sentire la vocazione nel proprio lavoro, di considerare sacri i rapporti umani, e di trasformare i problemi in opportunità.


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La Miller, ebrea praticante e madre di tre figli, riconosce tuttavia che l’adesione ad una religione organizzata non è per tutti. Anche i genitori più diffidenti possono aiutare i figli a costruire una loro spiritualità, che si verifica in loro in modo spontaneo e naturale, in varie forme che vanno dalla consapevolezza, alla compassione verso il prossimo, alla carità, all’amore. Gli adolescenti che si ritrovano a dover affrontare situazioni dolorose, come il divorzio dei genitori o la depressione di uno di essi, riescono a superarle più facilmente se sanno di poter contare su un dialogo diretto con una forza superiore. Nel caso degli adolescenti tossicodipendenti,  le ricerche hanno dimostrato come la relazione con una divinità sia capace di disattivare l’area cerebrale connessa al craving, ovvero il bisogno compulsivo di assumere una determinata sostanza. La rabbia degli adolescenti può essere equiparata alla rabbia dei profeti. Come parte del processo di crescita personale, gli adolescenti insistono per affermare la loro visione del mondo e sono specializzati nel fiutare le ipocrisie, soprattutto quelle dei genitori. Questi ultimi, soprattutto quelli che non credono in una divinità, devono pertanto cercare di essere onesti con se stessi e con i propri figli. Per l’adolescente l’importante non è tanto trovare le risposte, quanto piuttosto la capacità di porsi delle domande, e questo potrebbe essere utilizzato come punto d’incontro tra il loro mondo e quello adulto.

Autrice: Dott.ssa Francesca Mamo, Psicologa.

 

Rif. bibliografici: Miller, L.J. (2015). “The Spiritual Child: The New Science on Parenting for Health and Lifelong Thriving”. New York: St. Martin’s Press.

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