FIGLIO UNICO: OLTRE I PREGIUDIZI E GLI STEREOTIPI

Le statistiche ci dicono che la condizione di figlio unico in Italia sta diventando molto diffusa, tanto da indurre molti a chiedersi se si tratti di un fenomeno preoccupante per il benessere psicologico delle nuove generazioni.

A molti genitori, infatti, sarà capitato di sentirsi dire, almeno una volta, che il bimbo diventerà viziato, egocentrico o solitario: idee che hanno trovato ben poco riscontro nella letteratura scientifica e che forse non aiutano le coppie che, per svariati motivi, decidono di avere un solo figlio.

E’ dunque necessario liberare il figlio unico dalle false credenze popolari per coglierne la specificità.

Fonte: http://iodonna.it

Fonte: http://iodonna.it

 

Vediamone le più comuni:

 

“E’ viziato”

Attenzioni, tempo, risorse, non significano vizi. Al contrario, quest’attenzione speciale quasi sempre rende i figli unici persone più sicure di sé e con un’autostima più alta.

 

“E’ solitario”

La mancanza di fratelli non significa mancanza di relazioni sociali. I figli unici hanno la stessa possibilità di sperimentarsi in rapporti con i pari e di avere tanti amici quanti i loro coetanei con fratelli.

Sanno quindi adattarsi alla solitudine e a sviluppare abilità e attività che richiedono uno sforzo intellettivo maggiore.

 

“Ha degli amici immaginari”

La creazione degli amici immaginari non è propria solo ai figli unici; è una creazione   positiva abbastanza comune. Nel corso dell’infanzia, un’alta percentuale di bambini si costruisce un compagno immaginario con cui giocano, si confidano, litigano.

(Leggi l’articolo: Amici immaginari: c’è da preoccuparsi?)

 

“E’ aggressivo e arrogante”

L’aggressività e l’arroganza non sono sicuramente una conseguenza dell’essere figlio unico; secondo alcune ricerche, al contrario, è stato rilevato che il figlio unico risulterebbe essere più cooperativo e meno competitivo, proprio in virtù del fatto che è stato cresciuto in un ambiente povero di gelosie e litigi classici della rivalità fraterna.

 

“E’ timido”

La timidezza e l’atteggiamento più o meno sicuro di un bimbo non dipende dall’essere figli unici o meno, ma da come vive il rapporto con la famiglia.

Secondo la teoria dell’attaccamento dello psicologo inglese John Bowlby, una buona relazione con l’adulto è indispensabile per avere una “base sicura” nel percorso di crescita. Secondo questa prospettiva, il genitore infonde sicurezza e nutre l’autostima del piccolo, favorendo il suo graduale percorso di crescita. Tale funzione non cambia in base al numero di figli.

 

Lo status di “figlio unico” dunque, non rappresenta un dato negativo o positivo di per sé, ma una condizione contraddistinta da specifiche caratteristiche che vanno innanzitutto riconosciute dai genitori, e successivamente valorizzate, in modo tale da favorire nel figlio unico allo stesso modo di un figlio che cresce insieme a suoi fratelli, un naturale processo di crescita ed autonomia. In ogni famiglia, infatti, si creano condizioni emotive e relazionali irripetibili che hanno un significato diverso e un impatto originale e singolare su ognuno. Avere o non avere fratelli è solo uno dei possibili fattori che influiscono sullo sviluppo di sé.

Ogni bimbo, che abbia fratelli o meno, manifesta la sua unicità che andrebbe sempre ascoltata e rispettata.

 

Autrice: Dott.ssa Federica di Rienzo, Psicologa dello Sviluppo

 

3 commenti

  1. Luciana Mancini

    Articolo interessante… Ne condivido il contenuto anche sulla base della mia esperienza personale! Complimenti per il vostro lavoro!

  2. Tutto bene. Ma quando un figlio unico è geloso del papà, che si avvicina alla moglie? Ho assistito a questa esperienza. E non parlo di un bambino piccolo,ma già 8 anni quasi. Un bambino che ha più stima della mamma,e non tanto del padre.

    • Gentile Gabriella
      è difficile dare una risposta a quanto lei mi espone in maniera così stringata.
      Bisognerebbe capire che tipo di rapporto il bambino ha instaurato con il padre e il tipo di rapporto tra i due genitori.
      Forse il bambino soffre l’assenza del padre che magari è spesso via per lavoro?

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